ISLANDS: TESTI TRADOTTI E ANALISI
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ISLANDS: TESTI TRADOTTI E ANALISI
LIRICHE DI PETER SINFIELD
FORMENTERA LADY
Houses iced in whitewash guard a pale shore-line
Cornered by the cactus and the pine.
Here I wander where sweet sage and strange herbs grow
Down a sun-baked crumpled stony road.
Dusty wheels leaning rusting in the sun;
Snuff brown walls where spanish lizards run (1).
Here I'm shadowed by a dragon fig tree's fan (2)
Ringed by ants and musing over man.
I'll unwind my old strings while the sun shine down
Won't climb any high thing while the sun shine.
Formentera lady sing your song for me
Formentera lady sweet lover.
Lamplights glows on old guitars the travellers strum;
Insence children dance to an indian drum.
Here odysseus charmed for dark circe fell,
Still her perfume lingers still her spell.
Time's grey hand won't catch me while the sun shine down
Untie and unlatch me while the stars shine.
Formentera lady dance your dance for me
Formentera lady dark lover.
(1) Gli antichi greci chiamarono Formentera Ophiussa, ovvero “piena di serpenti”,proprio per la presenza di numerosi serpenti e lucertole.
(2) Il “dragon fig tree” non esiste essendo l’unione di due diversi alberi: l’albero di fico e l’albero del drago (Dracaena draco). Quest’ultima è una pianta subtropicale diffusa oltre che nelle baleari, nelle canarie e in Marocco. Entrambe, comunque, sono ritenute avere poteri magici. Per le popolazioni indigene delle Isole Canarie, l’albero del drago possiede proprietà magiche. Tale credenza è in parte dovuta al fatto che quando la corteccia o le foglie vengono recise, secernono una resina che ossidandosi assume una colorazione rossastra, conosciuta come sangue di drago. Il sangue di drago era già noto agli antichi romani, che lo utilizzavano come colorante, e nel medioevo era molto ricercato da maghi ed alchimisti che gli attribuivano virtù terapeutiche. La pianta di fico, era ritenuta sacra nel culto di Dioniso ed è anche la pianta sotto la quale il Buddha trovò l’illuminazione.
Signora di Formentera
Case impietrite nell’intonaco bianco
sorvegliano una pallida spiaggia
cinta da cactus e pini.
Qui vago dove crescono la dolce salvia e strane piante
attraverso una tortuosa ed assolata calle pietrosa
Sudice ruote abbandonate arrugginiscono al sole
Mura color tabacco dove scappano lucertole spagnole
Qui all’ombra delle fronde di un albero del drago,
circondato dalle formiche, sto meditando sull’uomo.
Avvolgerò le mie vecchie corde quando tramonterà il sole
Non scalerò nessuna cima fintanto che il sole splende.
Signora di Formentera
canta per me
Signora di Formentera
Tenera amante.
Le torce ardono sulle vecchie chitarre pizzicate dai viandanti
Bambini profumati di incenso danzano al suono di un tamburo indiano
Qui Ulisse cadde ammaliato dalla bruna Circe
ed ancora aleggiano il suo profumo ed il suo incantesimo.
La grigia mano del tempo non mi afferrerà
Fintanto che il sole splende
Non mi slegherà e scioglierà
finchè splendono le stelle.
Signora di Formentera
danza per me
Signora di Formentera
oscura amante.
Negli anni ’60 e’70 Formentera, la più piccola e selvaggia delle isole baleari, divenne meta turistica per molti artisti e musicisti, che vi soggiornarono, più o meno a lungo; fra di essi, oltre a nomi dal calibro di Bob Dylan, Pink Floyd e Kevin Ayers, ci fù anche Peter Sinfield, i cui ricordi di viaggio furono alla base di questa bellissima e sensuale poesia.
Qui Sinfield si immagina viandante errabondo, sulla falsa riga di Ulisse, incontrare una misteriosa ed ammaliante “Signora di Formentera”. È interessante il paragone con l’Odissea ed il richiamo alla maga Circe perché anche questa misteriosa “Signora di Formentera” possiede i caratteri della magia e dell’esoterismo. A cominciare dall’albero magico (sotto il quale si celebra il rito), la salvia e le “strane erbe” per le pozioni, il cerchio di formiche e la danza dei bambini profumati di incenso al suono di un tabla (che ricorda le danze Sufi).
Come la maga Circe la “Signora di Formentera” pone un incantesimo sul protagonista per tenerlo legato. L’oscura aura magica che la circonda avvicina questa figura all’archetipo dell’incantatrice, corrispondente femminile dell’archetipo del mago.
Sebbene inizi come una esotica ballad costruita su scala pentatonica, lo sviluppo musicale del pezzo. sempre più sconnesso ed atonale sull'ostinato al basso di Burrell, suggerisce infine anche paragoni ulteriori con l’Odissea. La voce del soprano Paulina Lucas, che entra ad un certo punto, ricorda il canto delle sirene, incontrate da Ulisse dopo aver lasciato l’isola di Circe; i grugniti al sax di Mel Collins rappresentano lo stato d’animo di Ulisse all’ascolto dei quel canto. Lo strumentale seguente “Sailor’s Tale” (“il racconto del marinaio”), quasi un poema sinfonico, potrebbe rappresentare, inoltre, il successivo incontro con il mostro dalle sette teste Scilla (in questo caso il “malvagio” assolo alla chitarra di Fripp che assomiglia ed un "banjo gonfiato a steroidi") durante una funesta tempesta. Il minaccioso mellotron finale illustrerebbe, infine, l’avvicinamento della devastata nave di Ulisse verso il gorgo di Cariddi.
THE LETTERS
With quill and silver knife
She carved a poison pen
Wrote to her lover's wife
"Your husband's seed has fed my flesh."
As if a leper's face
That tainted letter graced
The wife with choke-stone throat
Ran to the day with tear blind eyes.
Impaled on nails of ice
And raked with emerald fire
The wife with soul like snow
With steady hand begins to write.
"I'm still, I need no life
To serve on boys and men
What's mine was yours is dead
I take my leave of mortal flesh."
Le lettere
Con piuma d'oca e pugnale d'argento
intagliò una penna avvelenata
e scrisse alla sposa del suo amante:
”Il seme di tuo marito ha nutrito la mia carne”.
Come il viso di un lebbroso
quella lettera infetta provocò
un nodo in gola alla moglie
che passò il giorno con gli occhi ciechi di lacrime
Trafitta da aculei di ghiaccio
e arsa da una fiamma color smeraldo
la moglie dall'anima candida come la neve
con mano ferma cominciò a scrivere:
“Sono tranquilla, non ho bisogno di una vita
di devozione a ragazzi ed uomini.
Ciò che fu tuo è mio ora è morto.
Dico addio alla mia carne mortale”.
“The Letters” è la rielaborazione di un vecchio brano, un sostenuto rock, del repertorio di Giles, Giles & Fripp, “Drop In” (presente ora nei “Brondesbury Tapes”) (1) e spesso eseguito live dai King Crimson nel 1969 (“Epitaph” ne contiene ben due versioni). Il testo originario di Fripp conteneva un invito alla comunità hippie a prendersi le proprie responsabilità invece di defilarsi semplicemente (“'why don't you just drop in/and love the life of sin/and squirm inside your cage/you are a prisoner of your age/why don't you just drop in/and play the game to win/the rules you pick and choose/the odds are stacked for you to lose”) ed il brano originale era un rock piuttosto sostenuto.
La nuova versione, notevolmente rallentata e completamente riarrangiata, presenta questo testo di Sinfield, estremamente teatrale e melodrammatico (che si rifa forse al romanzo epistolare inglese del XVIII secolo), in cui il risentimento di una moglie tradita si trasforma in una sorta di martirio. Sebbene tacciabile di un certo manierismo, la musica esprime mirabilmente la lancinante sofferenza della donna, specialmente il sax tenore di Collins.
(1) come anche lo strumentale “Prelude: song of the gulls” (Preludio – la canzone dei gabbiani) è lo sviluppo, per quartetto d'archi e oboe, della “Suite n°1” per chitarra, che faceva parte dell’album “The Cheerful Insanity of Giles, Giles and Fripp” (1968).
LADIES OF THE ROAD
A flower lady's daughter
As sweet as holy water
Said: "I'm the school reporter
Please teach me", well I taught her.
Two fingered levi'd sister
Said, "Peace", I stopped I kissed her.
Said, "I'm a male resister",
I smiled and just unzipped her.
High diving chinese trender
Black hair and black suspender
Said, "Please me no surrender
Just love to feel your Fender".
All of you know that the girls of the road
Are like apples you stole in your youth.
All of you know that the girls of the road
Been around but are versed in the truth.
Stone-headed Frisco spacer
Ate all the meat I gave her
Said would I like to taste hers
And even craved the flavour
"Like marron-glaced fish bones
Oh lady hit the road!"
All of you know that the girls of the road
Are like apples you stole in your youth.
All of you know that the girls of the road
Been around but are versed in the truth.
Signore di strada
La figlia di una fioraia
fresca come l’acqua santa
disse “Sono la reporter della scuola,
ti prego istruiscimi”,
bene, io l’ho istruita.
Una sorella con due dita alzate (1)
Disse “Pace”, mi son fermato e l’ho baciata.
Disse “So resistere agli uomini”,
io ho sorriso e l’ho spogliata.
Una tuffatrice cinese
capelli e reggicalze neri,
disse “Per favore, non mi lasciare
voglio solo sentire la tua Fender”. (2)
Voi tutti sapete che le ragazze di strada
sono come le mele che coglieste in gioventù.
Voi tutti sapete che le ragazze di strada
sono state in giro ma sono disponibili alla verità.
Una strafatta di San Francisco
mangiò tutta la carne che le diedi
disse se volevo assaggiare la sua
e se desideravo anche sentirne il sapore:
”Come spine di pesce glassato!
oh signora sparisci!”.
Voi tutti sapete che le ragazze di strada
sono come le mele che coglieste in gioventù.
Voi tutti sapete che le ragazze di strada
sono state in giro ma sono disponibili alla verità.
(1) nel segno della pace con l'indice e il medio tesi e divaricati tra loro, l'anulare e il mignolo ripiegati sotto il pollice.
(2) In inglese “fender” indica anche il rostro di metallo posto davanti alle locomotive a vapore. E’ palese comunque l’allusione sessuale.
Immancabile parentesi spiritosa (come “Cat Food”, “Indoor Games” e “Happy Family”), “Ladies of the road” è una ironica carrellata di incontri con groupies frutto anch’essa delle esperienze fatte girando la Gran Bretagna e gli States nel 1969 in tour con i King Crimson.
Sinfield si ricollega alla precedente "Cadence and Cascade" scrivendo però un testo più esplicito (ma anch'esso ricco di, più o meno velate, metafore sessuali); il chè non gli ha risparmiato varie accuse di maschilismo e misoginia.
Ad una lettura meno superficiale, tuttavia, possiamo scorgere, tra le righe, uno sconforto crescente di Sinfield verso quel tipo di vita.
L’ultima “avventura”, infatti, termina con il rifiuto di un piatto apparentemente dolce in superficie ma amaro e sgradevole nella sua essenza ed il probabile abbandono della sua precedente vita dissoluta (“Like marron-glaced fish bones, Oh lady hit the road!").
Come ogni volta che i Crimson si cimentano col blues, ne viene fuori un pezzo un pò sui generis, in cui risaltano le armonie vocali beatlesiane del chorus ed il solo, breve ma molto efficace nella sua voluta primitività, di Fripp.
ISLANDS
Earth, stream and tree encircled by sea
Waves sweep the sand from my island.
My sunsets fade.
Field and glade wait only for rain
Grain after grain love erodes my
High weathered walls which fend off the tide
Cradle the wind
to my island.
Gaunt granite climbs where gulls wheel and glide
Mournfully glide o'er my island.
My dawn bride's veil, damp and pale,
Dissolves in the sun.
Love's web is spun - cats prowl, mice run
Wreathe snatch-hand briars where owls know my eyes
Violet skies
Touch my island,
Touch me.
Beneath the wind turned wave
Infinite peace
Islands join hands
'Neathe heaven's sea.
Dark harbour quays like fingers of stone
Hungrily reach from my island.
Clutch sailor's words - pearls and gourds
Are strewn on my shore.
Equal in love, bound in circles.
Earth, stream and tree return to the sea
Waves sweep sand from my island,
from me.
Isole
Terra ruscelli ed alberi avvolti dal mare
onde strappano la sabbia dalla mia isola.
I miei tramonti svaniscono.
Prato e palude aspettano solo la pioggia.
Granello dopo granello l'amore corrode
le mie alte consunte mura
che tengono a bada la marea
e culla il vento sulla mia isola.
Aride scogliere di granito
dove i gabbiani volteggiano
e dolentemente planano sulla mia isola.
La bruma della mia alba umida e pallida
evapora al sole.
La rete dell'amore è lanciata.
I gatti vagano, i topi scappano
Intreccio i rovi come mani spinose
dove le civette riconoscono i miei occhi.
Cieli viola, abbracciano la mia isola,
abbracciano me.
Sotto al vento fattosi onda
infinita pace
le isole si stringono le mani
sotto il mare del paradiso.
Scure banchine del porto
come dita di pietra
si allungano bramose dalla mia isola.
Carpiscono le parole dei marinai.
Perle ed angurie
sono sparse sulla mia riva.
Come innamorati, legate in cerchio.
Terra ruscelli ed alberi ritornano al mare.
Onde lambiscono la mia isola
portando la sabbia
lontano da me.
Il capolavoro poetico del disco, costruito sulla rusticità di uno sgangherato Harmonium (trovato per caso da Sinfield) e sulla semplicità disarmante di una nostalgica cornetta (suonata da Mark Charig).
Utilizzando alcune meravigliose immagini poetiche (come la foschia mattutina descritta come il “velo da sposa dell’alba” o il cielo come “il mare del paradiso”), Sinfield riprende in questa poesia la metafora di John Donne (1572-1631) dell’uomo come isola:
"No man is an island, entire of itself
every man is a piece of the continent, a part of the main
if a clod be washed away by the sea,
Europe is the less, as well as if a promontory were,
as well as if a manor of thy friends or of thine own were
any man's death diminishes me, because I am involved in mankind
and therefore never send to know for whom the bell tolls
it tolls for thee".
Noi pensiamo che i nostri ego individuali siano come isole nel mare; guardiamo al mondo ed a noi stessi come entità separate. Ciò che non vediamo è che siamo tutti collegati dalle correnti sottomarine che erodono le barriere che alziamo per proteggerci (le alte mura, le scogliere di granito, i rovi spinosi).
Ma abbiamo in noi stessi i mezzi per collegarci agli altri (i moli come dita di pietra; le isole che intrecciano le loro mani) e ricevere i doni che arriveranno (perle e angurie sulla riva).
Il verso "Earth, stream and tree return to the sea”, infine, indica che l’isola stessa, e tutto ciò che è su di essa, è destinata a ritornare nel luogo da dove tutto è nato, il mare. É la presa di coscienza del ciclo della vita (nascita, vita, morte, rinascita), a cui l’uomo cerca continuamente di sottrarsi.
Nel 1974, Sinfield tornerà ad utilizzare una metafora simile a questa nella canzone “The Mountain”, dall’album della PFM “The World Became The world”, identificandosi in una montagna, il cui equilibrio e la cui armonia vengono distrutte dagli uomini che scavano grotte ed abbattono i suoi alberi.
Traduzione e note di Sal Marciano © 2011
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